E se il lavoro ti chiede di stare fermo, mentre la tua mente corre?
Qualche tempo fa, Marta mi ha scritto un messaggio dopo l’ennesima giornata di lavoro. “Giada, non ce la faccio più. Le riunioni mi svuotano. All’inizio seguo, prendo appunti, poi inizio a fluttuare. Mi distraggo, mi sento in colpa, perdo il filo, e quando finisce ho la sensazione di aver finto concentrazione per un’ora intera.”
Marta ha 29 anni, lavoro aziendale in ambito amministrativo, e ha ricevuto una diagnosi di ADHD un paio di anni fa. Da quel primo messaggio, abbiamo iniziato a lavorare insieme partendo proprio dalla sua difficoltà a stare in lunghe connessioni e condivisioni durante la settimana, soprattutto in alcuni periodi dell’anno particolarmente caldi.
Con lei siamo partite da lì, da quella stanchezza che arriva dopo certi momenti collettivi, quando il tempo sembra dilatarsi e tutto intorno richiede presenza mentre profondamente si fa fatica a restare.

🧠 Il cortocircuito delle riunioni
Per una mente ADHD, le riunioni aziendali possono essere un campo minato. Troppi stimoli, troppo lunghe e spesso troppo caotiche. Ritmi lenti, obiettivi poco chiari, informazioni sparse. Non è questione di “interesse” o “buona volontà”: a un certo punto l’attenzione si spezza, e tornare nella presenza può diventare effettivamente molto faticoso.
Marta non si distrae perché non le importa. Si distrae perché qualcosa nel suo sistema non regge. Allora il corpo si stacca, lo sguardo si svuota, la mente vaga. A volte per tornare, a volte per restare altrove. E tutto questo avviene mentre fuori sembra che non stia succedendo nulla di strano perchè, tra le altre cose, Marta – come molte persone neurodivergenti come lei o con altri tratti – è molto brava a mascherare il suo vero stato d’animo. Anche se questo significa caricarsi di ulteriore fatica mentale.
Nel nostro percorso abbiamo esplorato piccole strategie quotidiane, non per “correggere” questo funzionamento – e se mi segui da un po’ sai quanta importanza do a questo concetto – , ma per provare a farci spazio dentro un contesto che raramente lo prevede, purtroppo.

✏️ Strategie possibili, se il tuo cervello lavora in modo diverso
📒 Prendere appunti come gancio, non come dovere
Non liste ordinate o verbali completi, perchè non è detto che siano la soluzione giusta per te. Marta, ad esempio, ha iniziato a usare uno schema tutto suo: parole chiave, disegni, frecce, collegamenti a margine, il tutto scrivendo a mano e spesso usando penne di diversi colori. Il gesto di scrivere o scarabocchiare, per molte persone ADHD, è una forma di radicamento nel presente. Serve a trattenere l’attenzione, mentre si riesce a dare forma a ciò che passa veloce per fissarlo e ritrovarlo al momento opportuno.
❓Chiedere direzione prima di entrare in una riunione
Ad un certo punto, ci siamo accorte che spesso Marta arrivava nelle riunioni senza avere chiaro il fine dell’incontro: sapeva il macro argomento ma non si era mai soffermata a verificare lo scopo o i punti principali di quelle condivisioni. Così abbiamo provato insieme a normalizzare alcune domande semplici, superando la paura di sentirsi inadeguata: “Qual è l’obiettivo di questo incontro?” “Quali sono i punti principali di cui parleremo?“. Farle all’inizio della riunione, o anche nei giorni precedenti, le ha di volta in volta permesso di orientarsi meglio. Come strategia, è utile perchè sapere cosa si cerca aiuta ad attivare altre risorse che permettono una diversa concentrazione, anche se l’andamento generale è dispersivo.
🖐️ Muoversi senza agitarsi
In call da remoto, Marta si è concessa di camminare mentre ascolta, di cambiare postura, di tenere un oggetto tra le mani (scoprendo i fidget toys!). Gesti semplici, che canalizzano l’attenzione senza disturbare il contesto, perchè il movimento è una forma di regolazione, e proprio per questo molto spesso è quello che permette di rimanere nel contesto, senza dover stringere i denti per resistere (per chi o per cosa poi?).

🌊 Pensare la giornata come un’onda, non come un’unità fissa
Un altro punto su cui abbiamo lavorato è stato il modo in cui Marta costruiva le sue giornate lavorative. All’inizio era tutto molto programmato, ma in modo lineare: blocchi da un’ora, pause da dieci minuti, task dopo task. Una routine così rigida, quando si è ADHD, non può funzionare bene a livello energetico e quindi pratico, per questo, quando si prova a fare proprie modalità neurotipiche, chi è neurodivergente dovrebbe sempre avere un approccio di tipo sperimentale: provare, verificare e sempre darsi spazio per modificare in base alle proprie esigenze.
Per Marta, la rigidità di una modalità non basata davvero sulle sue caratteristiche neurodivergenti significava viversi spesso cali bruschi di energia e di conseguenza di motivazione.
Abbiamo provato allora a pensare al lavoro in modo più ondulato: tempi di immersione con timer programmati – per entrare e uscire dall’iperfocus in armonia, poi stacchi concreti con tempi definiti da lei anche in base al momento e alle situazioni, attività leggere tra due picchi di concentrazione, creando di fatto una routine che non forzasse la continuità ma rispondesse alla necessità, anche fisica, di avere una maggiore flessibilità nell’alternanza. E’ chiaro che non è sempre possibile adattare tutto, ma dove si può, anche solo un po’, il sollievo è sempre concreto, soprattutto nel lungo periodo.

💡 Cose che accadono quando non ti riduci alla fatica
Chi vive con l’ADHD, spesso, sviluppa strumenti di sopravvivenza che diventano competenze invisibili: la capacità di cogliere connessioni che altri non vedono subito, l’intuito nell’anticipare problemi, la creatività che nasce dal dover trovare, ogni giorno, una strada non scritta, atipica ma utile e funzionale.
Quando non ti riduci a stare solo sul tentativo costante di “reggere”, puoi iniziare a vedere dove, nella tua traiettoria, si nasconde un sapere che non è comune. Che non è qualcosa di speciale, o di superiore, ma che è sicuramente diverso, e quindi utile, prezioso, necessario. Serve a te riconoscerlo prima dentro, per poi saperlo portare fuori.
Chi ha un funzionamento neurodivergente porta in azienda, o nel proprio lavoro, un altro modo di leggere le cose, e questo vale qualcosa solo se tutte le energie non vengono spese nel tentativo di adattarsi.
Se riesci a smettere, anche solo a tratti, di domandarti “come dovrei essere” allora può emergere quella parte di te che sa come essere, a prescindere da tutto.
Ed è quello che ti auguro, che auguro a tutti coloro che vivono una vita che per primi non si riconoscono perchè cercano di adattarla ai ritmi, alle modalità e alle necessità di altri – dando per scontato che siano corrette e migliori.
Un giorno di vita speso ad essere sé stessi non dovrebbe mai valere meno di infiniti giorni alla fine dei quali senti solo di essere sopravvissuto.
Cose sparse, riflessioni varie
🎧 Nell’ultima Lumina ti avevo scritto che avrei provato queste cuffie. Bene, dopo averle testate in diverse situazioni – alcune parecchio sfidanti! – posso dire che sono decisamente approvate! E non solo per la qualità.
Mi hanno fatto riflettere, ancora una volta, su quanto conoscere il proprio funzionamento neurodivergente sia una forma concreta di libertà. Capire come certi stimoli esterni ci attraversano, ci stancano o ci invadono, è un passo verso il proprio benessere. Ed è anche un modo per normalizzare la differenza, cominciando da noi stessi, senza aspettare che lo facciano gli altri.
🖼️ Ieri mattina mi sono svegliata con la netta sensazione che il mondo, da un giorno all’altro, avesse cambiato aspetto. Non ho intenzione di entrare nel dettaglio, ma non voglio nemmeno far finta che non sia accaduto o non mi riguardi. Credo che una delle forme di resistenza più potenti alla paura e al pessimismo – almeno per me – sia restare in relazione con la bellezza, soprattutto artistica. Così, da qualche mese e fino a fine anno, ho scelto di programmare visite e mostre che mi aiutino ad ancorarmi, evitando di finire intrappolata in flussi di pensiero che di positivo hanno ben poco. Ieri ho passato la mattinata qui, e ne sono uscita con il cervello denso di meraviglia.
Sapendo quanto sia potente il rimurginio neurodivergente, cosa stai facendo per prenderti cura di te in questo momento? Se vuoi, raccontami rispondendo a questa mail, ti leggo sempre volentieri!

Lumina è la newsletter in cui ti racconto il mondo gifted dal punto di vista di chi gifted lo è e ha fatto della sua neurodivergenza uno strumento per aiutare altri gifted. Troverai storie ed esperienze, mie e delle persone che si affidano a me. Idee, suggerimenti, qualche strategia e molti fallimenti. Sentiti a casa, mettiti comodo e comoda, vuoi un caffè? Buona lettura!
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